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Catcalling e donne: anche un fischio e un colpo di clacson in strada sono molesti

Perché una ragazza deve provare timore o imbarazzo anche solo andando a fare una passeggiata al parco? Catcalling e polemiche, in un’Italia social che si è ritrovata a fare i conti con un fenomeno di cui si è sempre parlato e conosciuto poco, soprattutto a partire dal suo nome.

Tutto è cominciato da alcune storie Instagram di Aurora Ramazzotti, figlia del cantautore italiano Eros Ramazzotti e della presentatrice tv svizzera Michelle Hunziker. Con Catcalling si intendono tutte quelle forme di apprezzamento rivolte a una donna da parte di sconosciuti per strada. Un termine che in Italia – pensando soprattutto al linguaggio dei media – era più comunemente noto come ‘molestie da strada’. Si badi bene: per molestie non si fa riferimento a nulla di propriamente fisico. Ciò non vuol dire, tuttavia, che un fischio, una strombazzata di clacson o un apprezzamento volgare non possano essere indesiderati, svilenti e, soprattutto, molesti per la donna che li riceve.

Il Catcalling è un fenomeno “improvvisamente sotto i riflettori, sul quale, però, credo sia opportuno fare un’attenta analisi che si spogli di tutte quelle ‘trappole’ che le parole e il linguaggio comune oggi possono porre“, spiega al Capoluogo la psicologa e psicoterapeuta aquilana Chiara Gioia, nel consueto appuntamento settimanale pubblicato dal Capoluogo.

catcalling

Il fenomeno ha alla base un linguaggio scurrile, poco elegante e irrispettoso: con frasi sessiste che vengono rivolte alle donne da parte di uomini più o meno giovani“. Partendo dal significato che, a livello collettivo, è più o meno riconosciuto, “vediamo come il catcalling possa considerarsi una molestia sessuale non agìta, bensì parlata, che avviene in strada“.

Catcalling, l’etimologia di un fenomeno fatto di apprezzamenti indesiderati

Il catcalling è un termine di derivazione inglese, lingua in cui la parola è attestata col significato attuale a partire dal 1956. Catcalling, in questo contesto, si forma dal verbo (to) catcall, documentato già a partire dalla seconda metà del Settecento, per indicare rispettivamente l’atto di fischiare a teatro gli artisti sgraditi e il fischio di disapprovazione stesso, quindi per dichiarare un non gradimento. Il sostantivo catcall, nel significato originario di ‘verso che i gatti fanno di notte’, è attestato dalla seconda metà del Seicento“, ci spiega Chiara Gioia.

Commenti volgari, cat calling, fischi, schiocchi, sorrisi e attenzioni non sollecitate da parte di un gruppo di maschi – magari  fisicamente imponenti – hanno il potere di intimorire, di generare disagio in alcune donne più o meno giovani. Per questo simili atteggiamenti alla base del Catcalling sono decodificati come una vessazione, un’espressione anche di bullismo, ancora un maschilismo enfatizzato e dichiarato.

La parola catcalling, infatti, indica una serie complimenti non richiesti, “spesso commenti con valenza sessuale, volgari, indirizzati al corpo della ‘vittima’ o al suo atteggiamento. Non solo complimenti però: il catcalling comprende anche fischi e strombazzate dall’auto, domande invadenti, offese e perfino insulti veri e propri che, in quanto ritenuti espressione di una mentalità sessista e svalutante, costituiscono un tipo specifico di molestia sessuale e, in particolare, di molestia di strada“.

Catcalling, il contesto di un complimento: esempi storici di cultura del “fischio”

“Che a una donna possa far piacere ricevere dei complimenti oramai è fuori discussione, il problema nasce quando tali complimenti non rientrano in contesti riconosciuti, con un linguaggio idoneo e da parte di persone che siano riconosciute  da parte della donna che li riceve. Il fenomeno in questione rappresenta uno sconfinamento nell’altro (cioè la donna) e un mancato riconoscimento degno di rispetto. Ma per comprenderlo realmente è interessante porre l’attenzione sull’atteggiamento di ‘fischiare’, da parte degli uomini nei confronti delle donne”.

Ad esempio alle pendici dell’Himalaya, i canti degli uccelli si mescolano, di tanto in tanto, con fischi di altra natura: sono quelli emessi dai ragazzi di etnia Hmong impegnati a corteggiare le coetanee. Quello dei giovani Hmong è un vero e proprio codice di comunicazione segreto per veicolare poesie e messaggi d’amore: se la ragazza è interessata risponderà fischiando a sua volta, con un linguaggio che permette di flirtare a distanza senza rivelare ad altri l’identità della coppia.

O ancora il fischiare del pastore, oppure i fischi “criptici” sono stati usati più volte in tempi di guerra. Continuando a guardare le culture, gli antichi testi cinesi raccontano di popolazioni che fischiavano versi taoisti in una particolare forma di meditazione (nel sud della Cina esistono ancora diverse comunità di ‘fischiatori’). Altre forme di comunicazione simili sono state trovate in Turchia, Messico e Grecia.

“Tutte queste curiosità culturali sono importanti per comprendere come in realtà l’atto del fischiare abbia poi subito una evoluzione che ha generato un significato sicuramente negativo, che oggi si trova su un labile confine per cadere nel penale, come è già accaduto in altri paesi europei”. 

Parte del problema nel sottovalutare la negatività insita nel fischio è, probabilmente, causata anche dall’ambiguità che ne caratterizza il gesto e il rispettivo significato. Lo sottolinea Chiara Gioia.

La dinamicità nell’utilizzare questo termine porta a far sentire la donna come un oggetto a connotazione sessuale, ne lede la dignità. Il fischio ricevuto viene sentito come un atto discriminatorio che si pone come obiettivo quello di ‘mettere in scena’ un immaginario che da sempre appartiene alla cultura umana, vale a dire la considerazione dell’uomo più forte della donna. Ora – partendo dal presupposto che ci sono anche forme di goliardia che obiettivamente non denigrano la figura della donna – nel commento o nell’atteggiamento che si mette in atto quando si parla di catcalling, si  esprime una necessità psichica di ‘rimettere a posto i ruoli’, di porre l’accento su chi è più forte, con valenza logicamente negativa.

Il Catcalling attiva tutta una serie di dinamiche intrapsichiche nella donna che subisce il fenomeno. Donna che inizia a provare rabbia, frustrazione, impotenza, perfino debolezza. Tanto che, in alcuni casi, subisce anche condizionamenti nelle proprie abitudini.

Nonostante le statistiche mostrino che le molestie sessuali siano più comuni all’interno della propria cerchia di conoscenze ed in famiglia, la paura degli estranei – percepiti come maggiormente imprevedibili – rimane forte e riemerge spesso dopo un episodio di catcalling. Per sentirsi più sicure, allora, le donne limitano i propri movimenti e la propria libertà, evitando alcuni luoghi dopo certi orari, tenendo in mano un mazzo di chiavi o scegliendo strade percepite come più ‘tranquille’ per tornare a casa”.

“Il catcalling è una disfunzione culturale, per tale motivo sono necessarie la prevenzione e l’educazione già dai primi anni di scuola, quale agenzia educativa e formativa d’eccellenza insieme alla famiglia. Agendo fin dall’infanzia si può contribuire a creare una forma mentis dedita al rispetto reciproco, in cui ognuno ha dei ruoli ben delineati e riconosciuti. Il catcalling è una forma espressiva che fa sentire all’uomo la necessità di avere potere sulle donne, di marcare una differenza di genere basata sulla forza e sulla possessività”.

Non può e non deve essere assecondato.

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