Woman hand sign for stop abusing violence, Human Rights Day concept.

Dallo stupro di guerra all’Afghanistan, le donne e il viaggio infinito verso la parità di genere

È arrivato a mettere piede sulla luna, l’uomo. Ma non è ancora arrivato alla meta di una vera e indiscutibile parità di genere: altrimenti non ci sarebbero, in alcuni Paesi, donne costrette a stare confinate in casa, spose bambine, divieti – anche troppo recenti – di indossare i pantaloni. E ancora non ci sarebbero, ogni anno, lunghi elenchi di vittime di femminicidio, né ci sarebbe bisogno di Giornate mondiali contro la violenza sulle donne.

C’è tanto, tantissimo da fare, affinché si possa veramente parlare di parità di sassi, soprattutto lontano dall’Occidente.

E mentre nell’Afghanistan, tornato nelle mani dei Talebani, le donne scendono in strada e sfilano, in segno di protesta, per poter tornare a scuola; si torna a riflettere sulla condizione della donna oggi, anno domini 2021. E ci si chiede il perché. Perché tante violenze? Cosa scatta nella mente degli uomini? Quante e quali tipologie di violenza subisce la donna?

Ne abbiamo parlato con la psicologa e psicoterapeuta aquilana Chiara Gioia.

L’essere umano è dinamico per sua natura, ciò vuol dire che ha un costante bisogno di evolvere e migliorare la propria condizione. Una caratteristica, questa, che riguarda tanto gli uomini, quanto le donne: lo insegna la storia. Il passato è stato segnato da grandi avvenimenti e cambiamenti, da vere e proprie conquiste. Come la parità di diritti, il concetto di dipendenza economica per le donne, il diritto di voto. Storicamente, molti episodi hanno ridisegnato lo status femminile, conferendogli piena dignità civile, alla pari con quella dell’uomo. Eppure…la piaga della violenza sulle donne non è affatto scomparsa. Nè nella sua forma fisica, sessuale, né psicologica”.

 

Ogni giorno la cronaca riporta fatti drammatici, che oltrepassano la normale frequenza di delitti generici. “Molti di questi fatti – sottolinea la psicologa e psicoterapeuta – evidenziano un’importante specificità delle aggressioni, contro rappresentanti del genere femminile. Money Kyrle parla di ‘tradizionale commercio di infelicità tra gli esseri umani’: un assunto che mantiene la sua validità generale anche quando si entra nello specifico delle violenze di genere. Se, da un lato, non è complicato comprendere il rapporto tra uomini e donne, andando oltre certe convinzioni popolari e collettive, dall’altro lato si tratta comunque di un rapporto così viscerale e carico di aspetti poco chiari, che chiama in causa tutta una serie di emozioni, sentimenti, paure, angosce…portando, spesso, all’aggressività“. 

 

“Denigrazioni, umiliazioni, svalutazioni, desideri di controllo e di dominio, di potere e comando, trovano terreno fertile e si nutrono non appena l’eros iniziale ed il legame di fusione – che vivono le persone all’inizio delle loro relazioni – vengono messi in crisi dall’inquietante percezione dell’Alterità, ovvero dell’altro come diverso e separato da sé“.

I discorsi che riguardano la violenza coniugano principalmente due elementi: il linguaggio e l’emozione dell’aggressività.

“Il termine ‘aggressività’ deriva dal latino aggredior e il suo significato, dal punto di vista etimologico, appare molteplice e complesso. Il verbo gradior significa ‘andare’, ‘avanzare’, oltre che ‘attaccare’. La preposizione ‘ad’ indica ‘contro’, ma anche ‘verso’. Il significato del termine, quindi, non è solo ‘aggredire’, ma anche ‘andare verso’, ‘intraprendere’, ‘cercare di ottenere’. Il termine ‘violenza’ invece, deriva dal latino vis (forza): si richiama, quindi, all’uso della forza e viene solitamente associato all’espressione più negativa e distruttiva dell’aggressività. Il concetto di aggressività, però, non coincide necessariamente con la manifestazione di una violenza distruttiva. I comportamenti aggressivi sono solitamente accompagnati da emozioni intense, alcune spiacevoli quali la rabbia, la paura, la frustrazione e la colpa, altre piacevoli di bramosia o di eccitazione. Sappiamo che molti di questi stati mentali si riferiscono a emozioni di base che sono descritte non solo nei mammiferi, ma anche – in particolare la rabbia, la paura e la bramosia sessuale – in altri animali“.

La donna come ‘conquista di territorio

Una delle forme di aggressività più dirette ed esplicite è lo stupro di guerra. Un atto in cui la violazione dell’altro ha il senso di trafiggere e occupare i territori interni del corpo altrui, oltre che i territori geografici esterni. Un ulteriore sfregio al nemico. In questo senso, la donna viene considerata come puro territorio, la vera guerra è contro i nemici maschi“. 

Quindi, c’è la violenza sessuale. Da cosa scaturisce? 

“Dal desiderio di possedere il corpo di una donna, oserei dire ‘la carcassa0: in quanto l’atto viene perpetrato senza entrare in sintonia con la sua mente e la sua anima. In questo caso specifico, gli uomini sono spinti dall’unico scopo di distruggere la donna vittima. Non è un caso se ci sono diversi racconti di donne che riportano il loro ‘dissociarsi mentalmente’, quando sono vittime di violenze fisiche ricorrenti”.

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Non c’è un limite, purtroppo, alle violenze possibili: ci sono, invece, sia le ferite dirette che queste violenze possono comportare, sia quelle meno immediate – forse anche meno evidenti – che nascono, giorno dopo giorno, mentre la violenza si compie nella sua lenta ma subdola aggressività, dilazionata in un lungo arco temporale.

 

Le denigrazioni possono essere sferzanti, oppure progressive – continua l’esperta Chiara Gioia – È importante sottolineare, infatti, che la violenza si differenzia anche relativamente a manifestazioni di episodi occasionali o ricorrenti. Può trattarsi di una violenza causata da uno scompenso psichico che destruttura momentaneamente l’organizzazione mentale dell’uomo, come un accesso d’ira di varia origine, o una violenza di più ampia radice: come legata ad assunti culturali o presupposti narcisistici ‘sacri’, che l’uomo ritiene fuori discussione. Secondo questi principi – generalmente imposti da una società in cui uomini e donne non hanno pari diritti – l’uomo si sente legittimato ad una condotta aggressiva. Rientrano in questo ambito tutte quelle forme di violenza fondate su presupposti ideologici e/o religiosi, che escludono qualsiasi dubbio e che eliminano le ragioni altrui rispetto a quelle del maschio”.

 

Alla radice della violenza

“Il ruolo dell’analisi è riconoscere la radice profonda delle varie violenze maschili. Ci sono dei casi, quelli in cui la violenza è quotidiana, in cui l’uccisore (nei casi che hanno un epilogo estremo) mostra un livello regressivo: l’uomo, quindi, vive in una dimensione esclusiva di coppia e non può tollerare la fine di un rapporto. La regressione, tuttavia, è ancora più marcata quando riguarda una dipendenza e un bisogno di controllare la donna, intesa come oggetto. Questi due contesti creano spesso forme di violenza di cui il soggetto violento non coglie l’aspetto infantile: siamo cioè in presenza di uno stadio psichico bloccato, mai evoluto, che viene comunicato, purtroppo, con un atteggiamento violento. L’uomo tenderà sempre a esprimere la sua supremazia fisica, poiché questo serve a rassicurarlo circa la sua superiorità rispetto all’oggetto dal quale, invece, è assolutamente dipendente.

 

“Altro discorso, invece – conclude Chiara Gioia – è quello riguardante la trasmissione transgenerazionale dei traumi e di episodi di violenza. Come le identificazioni con l’aggressore, in questo senso spesso l’uomo fa soffrire per non soffrire egli stesso. Ancora il vincolo sadomasochistico, come via di appagamento di pulsioni inaccettabili e garanzia di non abbandono. Solo il riconoscimento consapevole della violenza può aiutare a compiere un primo passo verso la libertà. Spesso la violenza può nascondersi anche dietro allusioni, avvertimenti particolari, insinuazioni ambigue, toni artefatti. Espressioni che possono fare da corollario alla nascita del comportamento violento in un rapporto, in cui l’uomo complica i codici e il linguaggio non verbale, trascinando la donna in una dimensione vecchia come il mondo, che la civiltà, purtroppo, non è riuscita fino ad oggi ad eliminare e, molto spesso, neanche a limitare”.

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